Sono passati già 9 anni dal decreto Clini-Passera che vieta il passaggio delle navi di oltre le 40.000 tonnellate in Bacino San Marco e lungo il Canale della Giudecca. Divieto che lo stesso decreto sospende in attesa della definizione di soluzioni alternative.
Troppo tempo si è perso a cercare soluzioni alternative al passaggio che alternative non erano. Si veda il canale Contorta, il taglio dell’isola delle Tresse e oggi il canale Vittorio Emanuele. Su questo punto bisogna essere radicali: nuovi scavi in laguna non sono ammissibili per motivi dimostrati in mille e più sedi.
Ci sono voluti quindi 9 anni per arrivare al recente decreto che individua tre soluzioni temporanee al transito delle navi passeggieri sopra le 40.000 tonnellate in Bacino. In particolare una di queste aree alternative alla Marittima richiede, secondo gli addetti, circa tre mesi di lavori per essere attrezzata. Un approdo che ha già ospitato navi da crociera gli scorsi anni, durante la Festa del Redentore. Francamente non capisco perché tale area non possa quindi ospitare fin da subito le grandi navi in attesa che si realizzino gli interventi suddetti. Non sarebbe una soluzione di lunga durata perché potrebbe accoglierne un numero ridottissimo.
La verità è che la Politica nel 2021 non è stata ancora in grado di trovare un giusto equilibrio tra tutela della città e tutela del lavoro, inserendo inoltre questi due punti fermi in una visione strategica per Porto Marghera.
E il dibattito già impazza, tutti inchiodati su posizioni consolidate di cui rimangono ostaggio sia la tutela della città sia i diritti dei lavoratori.
La prossima settimana ci sarà l’audizione del commissario straordinario Cinzia Zincone con all’ordine del giorno: “Il Porto di Venezia: problematiche, soluzioni, prospettive”.
Spero che tutti i partiti riescano a trovare l’intelligenza politica che fino ad oggi è mancata per ragionare in termini prospettici, inserendo il tema della grandi navi in quello più generale del Porto di Venezia, che a sua volta va inquadrato nello scenario della portualità dell’Alto Adriatico.
La tutela di Venezia e dei lavoratori si meritano scelte all’altezza dei tempi che viviamo. Non possono rimanere schiacciati tra una pandemia, che ha messo alle corde molti addetti e che dovrebbe averci insegnato a leggere con chiarezza le debolezze dell’economia veneziana, e una transizione ecologica che ci viene dettata da cambiamenti climatici impattanti soprattutto nelle zone costiere.