#Autonomia e #partecipazione devono tornare al centro della vita politica veneziana.
Continua il giusto interesse della stampa locale e nazionale (ne scrive anche Giuseppe Pietrobelli su “Il Fatto quotidiano” riprendendo la mia posizione) riguardo alla scelta dell’amministrazione comunale di non aprire i musei cittadini fino “al momento giusto”: Brugnaro dixit.
Oggi credo che l’articolo più interessante in merito sia quello di Enrico Tantucci su “La Nuova di Venezia”, che mette in risalto il ruolo giocato dal Sindaco, raccontando di vero e proprio commissariamento della Fondazione Musei Civici. E si domanda che senso abbia creare un ente di diritto privato se poi lo scenario, ed il margine di manovra del medesimo, si configura in questi termini.È un tema cruciale.
Perché si decise di creare un’istituzione esterna alla Pubblica Amministrazione per gestire dei beni pubblici? Tre le ragioni principali: possibilità di attirare capitali privati; autonomia gestionale affrancata dalla politica invadente; amministrazione più efficiente rispetto ad una governance pubblica soffocata dalla burocrazia.
Oggi a Venezia tutto si risolve nel segno di Brugnaro, un Sindaco che tutto decide. Venezia è una città piccola, in cui il Comune e le partecipate costituiscono un settore vitale dell’economia e dove il Sindaco padrone detta legge. Un Brugnaro che ha una presa forte anche in diverse categorie e associazioni professionali. Un controllo asfissiante dovuto alla sua bravura e alla sua capacità di lavoro, qualità che si abbinano tuttavia ad un atteggiamento padronale, tale per cui le voci fuori dal coro non sono ben viste, per usare un eufemismo.
Una situazione che interroga tutti noi, anche i componenti della sua stessa maggioranza. Venezia non ha bisogno di un Doge – figura che, tra le altre cose, ai tempi della Serenissima, era tutt’altro che un monarca assoluto – ma di un Sindaco, forte del suo consenso elettorale e dei poteri che gli sono riconosciuti, ma capace di muoversi all’interno di una democrazia moderna, nella quale autonomia e partecipazione devono rivestire un ruolo cardine.
Ho già avuto modo di dirlo più volte in Consiglio Comunale: la democrazia non si risolve il giorno del voto, la partecipazione è e deve essere una pratica quotidiana. Inoltre non si può chiedere (giustamente!) autonomia da Roma se poi non si è in grado o, per meglio dire, non si vuole esercitarla all’interno del territorio che si amministra, come, tanto per fare un esempio, dimostra lo svuotamento di ogni competenza inflitto alle Municipalità.