In questi giorni si è tornato a parlare del tema dei plateatici. Neanche il tempo di festeggiare le dichiarazioni di un ritorno alla normalità, che da più parti si facevano proposte in senso contrario.
Il provvisorio diverrà quotidianità?
Si parla molto delle ragioni del commercio. Comprensibile visto i mesi di chiusura forzata causa pandemia. E sicuramente Venezia deve essere in grado di reinterpretarsi continuamente. Ma come? Il motore di tale cambiamento deve essere il “Diritto alla Città”.
Henri Lefebvre già negli anni Settanta scriveva “Il diritto alla città si presenta come forma superiore dei diritti, come diritto alla libertà (…), all’habitat e all’abitare. Il diritto all’opera (all’attività partecipante) e il diritto alla fruizione (ben diverso dal diritto alla proprietà) sono impliciti nel diritto alla città”.
L’offerta commerciale della città può e deve essere rilanciata partendo dal rispetto di altre esigenze. Rilanciare la qualità della vita di chi vi abita, vi lavora, vi risiede temporaneamente, categorie sempre più dimenticate, comporta automaticamente il rilancio del commercio e della Città stessa.
Da qui dovremmo ripartire per scrivere un nuovo piano del suolo pubblico che rimetta al centro anche la qualità dell’offerta commerciale – oggi, in molto casi, molto bassa! – come elemento distintivo del diritto alla città.