Il commercio in città sta morendo per asfissia. Ogni vetrina chiusa è un duro colpo alle relazioni sociali e all’economia del territorio. La crisi pandemica che stiamo attraversando ha accelerato un fenomeno in atto da tempo: l’attuale amministrazione non ha investito risorse e attenzione adeguate al settore. La prima azione da mettere in campo è avere un assessore al Commercio. Non possiamo permetterci – come è accaduto negli ultimi cinque anni – di consumare diversi assessori in questo settore per litigi interni alla maggioranza per poi vedere le deleghe confluire nel Sindaco.
L’amministrazione comunale può intervenire per invertire il trend. Altre città storiche si sono già attivate in tal senso, come ad esempio Firenze che ha approvato un “regolamento per la tutela ed il decoro del patrimonio culturale della città storica” che vieta l’apertura di nuove attività di somministrazione di alimenti e bevande per asporto e di negozi di chincaglieria e orribili souvenir. A Venezia si è solo scimmiottato questo intervento e infatti non si è sortito nessun risultato.
Tuttavia anche questo non basta, soprattutto nel momento di crisi che viviamo. Il commercio può e deve essere rivitalizzato partendo da un’idea diversa di Città che sottragga Venezia alla monocultura turistica e che punti sulla fornitura di servizi di qualità.
Sono colpevolmente mancate politiche atte a creare un ambiente attraente e stimolante. Interventi da avviare partendo da progetti condivisi tra attività commerciali e imprenditoriali, associazioni di categoria, amministrazione e mondo dell’associazionismo cittadino, progetti che prevedano anche rimodulazioni della tassazione locale e finanziamenti ad hoc. I commercianti, gli imprenditori, gli artigiani devono essere messi al centro di politiche partecipate per disegnare interventi diffusi e puntuali nel territorio, in cui la sinergia tra pubblico e privato possa fare da leva per azioni di rigenerazione urbana di cui beneficherebbero tutti i soggetti coinvolti.
Non si può chiedere ai visitatori rispetto per la Città se Venezia non è in grado di fornire servizi adeguati. Non si può continuare a rinviare le sperimentazioni nell’introduzione di politiche di gestione dei flussi a partire dagli escursionisti.
In questa fase bisogna tenere gli occhi ben aperti di fronte a passaggi di licenze e cambi di proprietà, tanto nel commercio quanto nel settore alberghiero, che rischiano di essere oggetto di infiltrazione malavitosa o intenti meramente speculativi. Inoltre è necessario che l’Amministrazione sia attore attivo anche nei rapporti tra locatore e locatario per tutelare gli interessi di entrambi e soprattutto quelli della Città che non può sopportare vetrine chiuse, nuove aperture di negozi di bassa qualità e lo smantellamento definitivo dei pochi negozi di vicinato ancora esistenti.
Bisogna inoltre dire basta ai grandi eventi che servono solo a mercificare l’immagine della Città e alimentare il turismo di massa quando è sotto gli occhi di tutti che questo tipo di flussi producono enormi esternalità negative. Non è sufficiente apporre un logo su un manifesto per fare politica culturale, né mettere qualche manifesto negli imbarcaderi per veicolare l’immagine di una Venezia da rispettare.
In città non mancano spazi, non mancano idee, non mancano commercianti, artigiani e imprenditori pronti a spendersi per il rilancio di Venezia, manca un’Amministrazione che sappia e voglia dialogare con il territorio e che abbia un’idea di Città in cui il turismo di massa non sia l’elemento regolatore delle azioni da mettere in campo.